E’ stato fissato a 9.333 euro l’importo massimo di voucher per gli enti non profit. La decisione è in linea con quanto stabilito nell’art. 2082 del codice civile, per cui pur operando con partita Iva non sono definibili imprenditori puri, né professionisti, pertanto non va applicato il limite di 2.693 euro annui all’utilizzo dei voucher.
Lo rende noto l’Inps apportando una correzione alla circolare n. 18/2012 del Ministero del lavoro, che aveva ritenuto esteso il limite inferiore a tutti i soggetti con partita Iva.
Ad essere esclusi dal limite anche chiese e associazioni religiose, enti non profit, fondazioni, partiti politici, sindacati e condomini.
Le ‘prestazioni di lavoro accessorio’, a partire dal 25 giugno 2015, sono tutte quelle attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti a compensi netti superiori a 7 mila euro nel corso di un anno civile: 9.333 euro, ovvero il valore nominale di voucher.
Con circolare n. 18/2012, il ministero del lavoro ha chiarito che «l’espressione imprenditore commerciale vuole in realtà intendere qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che opera su un determinato mercato, senza che l’aggettivo «commerciale» possa in qualche modo circoscrivere l’ambito settoriale dell’attività d’impresa alle attività di intermediazione nella circolazione dei beni», estendendo di fatto il limite inferiore di due mila euro netti a tutti i titolari di partita Iva.
La nota dell’Inps determina, adesso, una modifica radicale della definizione spiegando che «in linea generale, l’espressione imprenditori risulta comprensiva di tutte le categorie disciplinate dall’art. 2082 e segg. del codice civile, dalla cui lettura congiunta è possibile individuare una serie di soggetti che, pur operando con partita Iva e/o codice fiscale numerico, non sono da considerare imprenditori e, dunque, non sono soggetti alle limitazioni».